Carlo M. Cipolla Allegro ma non troppo Premessa
Per che cosa sta la M. di Carlo M. Cipolla (1922-2000)? No, non sta per Maria, come tutti credono e come riporta anche Wikipedia. Allora sta per Mario? Non state a scervellarvi. Semplicemente non sta per niente. O, meglio, sta solo per se stessa. M. è l'iniziale che l'autore di Vele e cannoni o di Miasmi e umori si inventò per riempire la casella middle name compilando i moduli dell'università di Berkeley dove si trasferì negli anni 50. E non è l'unica bizzarria che riguarda la reputazione di questo gigante della storia dell'economia. Un'altra ha che fare con il suo libro più famoso, quell'Allegro ma non troppo che, nato quasi per scherzo, è divenuto il più tenace long-seller della casa editrice il Mulino.
Costantemente ristampato, in 23 anni ha venduto in Italia 350mila copie, e nel mondo vanta edizioni in francese, tedesco, spagnolo, galiziano, catalano, greco, turco, portoghese, ungherese, ceco, rumeno, giapponese e coreano. Una fortuna e una notorietà che, ironia della sorte, nessuno dei suoi lavori 'seri' gli avrebbe mai potuto regalare. A partire dalla ponderosa Storia economica dell'Europa pre-industriale, la cui pubblicazione in italiano coincide con l'inizio della vicenda editoriale di quell'aureo libretto. Siamo nel 1973. Cipolla chiede alla casa editrice bolognese, per la quale sta per pubblicare la traduzione della Storia, di stampare un breve testo in inglese che intende regalare agli amici per Natale.
Si tratta di una deliziosa (auto) parodia del modo di fare storia economica dell'antichità e del Medioevo. Il commercio delle spezie, in particolare del pepe, dopo la scoperta del suo potere afrodisiaco, è individuato come il vero motore dello sviluppo economico del Medioevo. Nell'agosto 1976 Cipolla chiede di stampare con le stesse modalità un altro breve testo in inglese: The Basic Laws of Human Stupidity.
Il Mulino ne tira un centinaio di copie numerate e Cipolla le regala agli amici. In scena qui c'è il tipico atteggiamento dell'economista alla ricerca di uniformità e armato di definizioni, matrici e tabelle.
Sulla base dell'analisi dei danni o vantaggi che l'individuo procura a se stesso e di quelli che procura agli altri, e data la definizione per cui "una persona è stupida se causa un danno a un'altra persona o a un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno", Cipolla costruisce uno schema di ascisse e ordinate in cui collocare con precisione i tipi degli intelligenti, degli sprovveduti, dei banditi e degli stupidi, dal quale si evince tra l'altro che "lo stupido è più pericoloso del bandito". Tutto assolutamente plausibile.
Cipolla, con questa deliziosa parodia, sembra aver realmente scoperto le "leggi fondamentali della stupidità". Per anni però si rifiuta di tradurre il testo in italiano. Impossibile rendere lo humour swiftiano dell'originale. Ma le pressioni crescono, il passaparola si diffonde e nel 1987 Cipolla accetta di far tradurre i due testi e di riunirli in Allegro ma non troppo, uscito nel 1988. Si noti il tono sussiegoso e leggermente inesatto con cui Wikipedia racconta questo passaggio: "Cipolla approfondì il controverso tema della stupidità umana formulando la famosa teoria della stupidità, enunciata nel suo arguto libello del 1976 dal titolo The Basic Laws of Human Stupidity
(The Mad Millers, 1976), poi ripubblicato in italiano nel 1988 come Allegro ma non troppo (il Mulino, 1988, Isbn 8815019804)".
Dove si vede che nessun codice Isbn viene fornito per l'editore The Mad Millers. Si tratta infatti -come per la M.-di un editore inesistente, che allude ai 'mugnai folli' dell'editrice bolognese che accontentarono lo studioso e che poi ne determinarono la fortuna. La banda del Mulino è assai fiera di questa storia, ma qualcosa non è andato per il verso giusto. Successo dopo successo, traduzione dopo traduzione, avveniva un fatto strano. O forse istruttivo.
A mancare all'appello era una vera edizione inglese o americana. Bizzarro per un libro pensato e scritto proprio in quella lingua! Ma ciò la dice lunga su quanto siano spocchiosi gli editori di quei paesi. Il problema, sia detto tra parentesi, è generale e serio: molti lavori eccellenti di carattere erudito, che hanno il solo difetto di essere scritti in italiano, faticano a raggiungere il pubblico anglofono, che segue canali tutti suoi, a volte di minore qualità. Ragione di più per attrezzarsi e, come Cipolla, scrivere direttamente in inglese! Chiusa parentesi.
Ora l'editore bolognese, consapevole che la stupidità -per dirla con Cipolla-è "una delle più potenti e oscure forze che impediscono la crescita del benessere e della felicità umana", ha deciso di rendere disponibile al vasto pubblico dei lettori la versione originale di The Basic Laws of Human Stupidity. Dal 3 novembre sarà acquistabile in forma cartacea e in e-book nelle principali librerie online, a partire da Amazon. Trentacinque anni fa Cipolla lo regalava a pochi amici. Paradossalmente solo oggi tutti potranno leggere il testo originale dopo che in tante lingue è diventato un bestseller. Nessuno invece potrà mai leggere il seguito alle Leggi fondamentali che Cipolla avrebbe voluto intitolare I rumpabal nella storia. (A.M, S24)
Allegro ma non troppo Tanto per incominciare
La vita è una cosa seria, molto spesso tragica, qualche volta comica. I Greci dell'età classica avvertivano profondamente e coltivavano il senso tragico della vita. I Romani, in genere più pratici, non ne facevano una tragedia ma consideravano la vita una cosa seria: di conseguenza tra le qualità umane apprezzavano in modo particolare la gravitas e tenevano in poco conto la levitas.
Cosa sia il tragico non è difficile né da capire né da definire e se ad un Tizio gira per la testa di apparire come una figura tragica non gli è difficile riuscirvi anche se Madre Natura non ha già provveduto alla bisogna. La serietà è pure una qualità relativamente facile da capire, da definire e per certi versi da praticare. Quel che è difficile da definire e che non a tutti è dato di percepire ed apprezzare è il comico. E l'umorismo che consiste nella capacità di intendere, apprezzare ed esprimere il comico è una dote piuttosto rara tra gli esseri umani.
Intendiamoci: l'umorismo grossolano, facilone, volgare, prefabbricato (=barzelletta) è alla portata di molti ma non è vero umorismo.
E un travestimento dell'umorismo. Il termine umorismo deriva dal termine "umore" e si riferisce ad una sottile e felice disposizione mentale solitamente basata su un fondamento di equilibrio psicologico e di benessere fisiologico. Schiere di scrittori, filosofi, epistemologi, linguisti hanno ripetutamente tentato di definire e spiegare l'umorismo. Ma dare una definizione dell'umorismo è cosa difficile per non dire impossibile. Tanto è vero che se una battuta umoristica non è percepita come tale
dall'interlocutore è praticamente inutile se non addirittura controproducente cercare di spiegargliela.
Chiaramente l'umorismo è la capacità intelligente e sottile di rilevare e rappresentare l'aspetto comico della realtà. Ma è anche molto di più. Anzitutto, come scrissero Devoto e Oli, l'umorismo non deve implicare una posizione ostile bensì una profonda e spesso indulgente simpatia umana. Inoltre l'umorismo implica la percezione istintiva del momento e del luogo in cui può essere espresso. Fare dell'umorismo sulla precarietà della vita umana al capezzale di un moribondo non è umorismo. D'altra parte quando quel gentiluomo francese che saliva i gradini che lo portavano alla ghigliottina, avendo inciampato in uno dei gradini, rivolgendosi alle guardie esclamò: "dicono che inciampare porti sfortuna", quel gentiluomo meritava certamente che la sua testa venisse risparmiata.
L'umorismo è così intimamente legato alla scelta accurata e specifica dell'espressione verbale in cui viene prodotto che difficilmente si riesce a tradurlo da una lingua in un'altra. Il che anche significa che è così permeato dei caratteri della cultura in cui viene prodotto che riesce sovente del tutto incomprensibile quando travasato in un ambiente culturale diverso.
L'umorismo va distinto dall'ironia. Quando si fa dell'ironia si ride degli altri. Quando si fa dell'umorismo si ride con gli altri. L'ironia ingenera tensioni e conflitti. L'umorismo quando usato nella misura giusta e nel momento giusto (e se non è usato nella misura giusta e nel momento giusto non è umorismo) è il solvente per eccellenza per sgonfiare tensioni, risolvere situazioni altrimenti penose, facilitare rapporti e relazioni umane.
E mia profonda convinzione quindi che ogniqualvolta si presenti l'occasione di praticare dell'umorismo sia un dovere sociale far sì che tale occasione non vada perduta. Da questa banale considerazione nacquero i due saggi che seguono. Furono originariamente pubblicati anni addietro (rispettivamente nel 1973 e nel 1976) in lingua inglese e in edizione ristretta riservata per soli amici. I due saggi ebbero però un insperato successo e mentre talune persone cercarono di procurarsene copia tramite amici o conoscenti, altri più intraprendenti ne fecero copie xero-grafiche o addirittura manoscritte che circolarono più o meno clandestinamente. Il fenomeno assunse proporzioni tali che l'editrice il Mulino ed il sottoscritto finalmente decisero di procedere ad una edizione ufficiale e pubblica che qui si presenta non priva di sostanziali revisioni rispetto alla prima edizione semi-clandestina.
Nell'occasione di questa edizione ufficiale sento il dovere di fare due precisazioni. Nel saggio sul pepe il lettore non farà fatica a cogliere qualche puntata ironica. Ma spero mi si conceda che si tratta di ironia bonaria e paciosa tale da non distanziarsi molto -almeno così mi auguro-dall'umorismo.
Quanto al saggio sulla stupidità umana non è né più né meno che quella che gli eruditi settecenteschi avrebbero chiamata "una spiritosa invenzione". Di fatto il saggio non ha alcuna attinenza con la mia vita personale. Peccherei gravemente di ingratitudine contro i fati che sino ad ora hanno presieduto al corso della mia vita se non confessassi di essere stato, nei miei rapporti umani, un essere straordinariamente fortunato nel senso che la stragrande maggioranza delle persone con cui venni in contatto furono di regola persone generose, buone ed intelligenti. Spero che leggendo queste pagine non si convincano che lo stupido sia io.
Il ruolo delle spezie (e del pepe in particolare) nello sviluppo economico del Medioevo
1. Una delle più gravi tragedie vissute dall'Europa nei secoli dei secoli fu la caduta dell'Impero Romano. A quei tempi, come spesso accade nelle vicende umane, molti non ne avvertirono la gravità. Buona parte dei cittadini di Cartagine si stavano godendo i giochi nell'anfiteatro quando la città fu attaccata dai Vandali ed i nobili di Colonia erano a banchetto quando i barbari arrivarono alle porte. Altri, invece, si resero perfettamente conto della gravità degli avvenimenti: quando l'esercito dei Goti guidato da Alarico saccheggiò Roma nell'estate del 410 A.D., San Gerolamo (che allora viveva a Betlemme e non era ancora santo) scrisse "Si è spenta la luce più viva del mondo" e con profonda angoscia e con le gambe che gli tremavano ebbe la forza di aggiungere: "Se Roma può perire, cos'altro ci resta di sicuro?" Con poche eccezioni (tra le eccezioni vanno posti quegli autori cristiani che videro nella fine dell'Impero Romano un tempestivo intervento divino per salvare l'umanità dal paganesimo; più recentemente, uno storico economico inglese, evidentemente sensibilizzato dal gravoso sistema di tassazione prevalente oggi in Inghilterra, ha interpretato la caduta di Roma come un evento provvidenziale che liberò milioni di Europei dal pagamento di tributi insostenibili), gli storici moderni concordano sulla portata storica del disfacimento dell'Impero Romano ma non sono d'accordo circa le cause del declino.
Alcuni accusano i Cristiani, altri la degenerazione dei pagani, alcuni la nascita e l'affermarsi dello stato burocratico-assistenziale, altri il declino dell'agricoltura ed il diffondersi del latifondo, alcuni la caduta della fertilità, altri l'ascesa della classe contadina. Un sociologo americano ha recentemente rimesso in discussione il problema avanzando la tesi brillante ed originale che Roma decadde per via del progressivo avvelenamento da piombo della classe aristocratica romana. Il piombo, se ingerito o assorbito in dosi superiori ad 1 mg. al giorno, può provocare dolorosa stitichezza, perdita dell'appetito, paralisi delle estremità e infine può causare la morte. Può inoltre causare sterilità tra gli uomini e aborti fra le donne. Sempre secondo l'illustre sociologo, i Romani, e in particolare gli aristocratici, ingerivano quantitativi di piombo al di sopra della soglia critica. Non solo Plinio il Vecchio raccomandava che "venissero usati recipienti di piombo e non di bronzo" nella cottura dei cibi, ma il piombo veniva anche utilizzato nella fabbricazione delle tubature idrauliche, dei boccali, dei cosmetici, delle medicine e dei coloranti. S'aggiunga che i Romani, per meglio conservare e dolcificare il vino, aggiungevano del succo d'uva non fermentato che a sua volta era stato bollito e decantato in recipienti rivestiti internamente di piombo. Così facendo, mentre ritenevano di sterilizzare il vino i Romani "non si rendevano conto che sterilizzavano se stessi".
"L'alto tasso di mortalità e il basso tasso di natalità" dell'aristocrazia romana sono fortemente indicativi secondo il sociologo americano di fenomeni di avvelenamento da piombo, per cui nell'arco di alcune generazioni questa <aristotanasia> fece scomparire le figure più autorevoli del pensiero e della cultura. Una città in cui l'avvelenamento da piombo dovette essere particolarmente intenso e diffuso fu Ravenna sede del potere dell'Impero d'Oriente in Italia. Non c'era cosa che vi andasse per il verso giusto. Secondo Sidonio Apollinare a Ravenna "i muri crollano, le acque stagnano, le torri cedono, le navi si insabbiano, i ladri vegliano, le guardie dormono".
Avvelenati dal piombo e quindi stitici, sterili ed affetti da <aristotanasia>, i Romani non furono più in grado di contenere i barbari. Lo sconquasso che ne segui fu profondo e generale. Sul finire del IV secolo Ambrogio vescovo di Milano non vedeva d'attorno che "semirutarurn urbium cadavera". Commodiano, inorridito, scriveva che "vastantur patriae, prosternimi-civitas omnis". Un anonimo poeta si
lamentava che "omnia in finem precipitata ruunt". Rufino confessava amaramente: "come si può aver l'animo di scrivere? si è circondati da armi nemiche e d'attorno non si vedono che città e campi devastati".
2. Ebbe così inizio il Medioevo i cui primi secoli nella lingua inglese vengono chiamati i "secoli bui" (dark ages). Uno studioso fece notare, non molto tempo fa, che quei tempi "non erano così bui per i barbari". Poiché noi non siamo i "barbari" i primi secoli del Medioevo restano per noi un'epoca buia. Nel buio avvengono cose strane. Nel buio dell'alto Medioevo, la gente si divise tra coloro che combattevano, coloro che pregavano e coloro che lavoravano e che pertanto erano riguardati come servi. Filippo di Vitry, segretario di Filippo VI, spiegò la cosa così: "Per sfuggire alle calamità incombenti la gente si divise in tre parti. Una si incaricò di pregare il Signore Domineddio. La seconda si dedicò al commercio e all'agricoltura. Ed infine, per proteggere le due suddette parti da ingiustizie e da aggressioni furono creati i baroni". Ma la spiegazione di Filippo di Vitry è partigiana e inaccurata. I baroni non avevano la benché minima intenzione "di proteggere le due altre parti sociali da ingiustizie e da aggressioni". Al contrario, si diedero da fare per aggiungere ingiustizia a ingiustizia e aggressione ad aggressione. Coltivavano un'unica passione, quella di menar le mani. Quando ciò non era possibile, si sfogavano in cruenti tornei o in non meno cruente partite di caccia. Nell'insieme contribuirono a riempire l'Europa di prevaricazioni e violenze. Come se ciò non bastasse, agguerriti e minacciosi popoli stranieri premevano dal di fuori aggiungendo violenza a violenza e ruberia a ruberia. I musulmani premevano dal sud, gli Ungheresi dall'est, gli Scandinavi dal nord. Quest'ultimi erano forse i peggiori. Si ignora perché e come abbiano dato stura alle loro sanguinarie incursioni e per quali ragioni abbiano continuato ad infestare l'Europa così a lungo. Certamente possedevano una tecnologia navale superiore (Per quanto primitivo, il popolo vichingo era por alcuni versi alquanto evoluto. Un antropologo americano riuscì a calcolare il minteti faclor index dello sviluppo socio-culturale di alcuni popoli primitivi. Il rotateli feotor index per i Vichinghi è 1,60 mentre k 1,73 per gli Aztechi, 0.99 per gli Ottentotti. 0,89 per i Mafulu. 0.44 per i Boscimani e 0.28 per gli Esquimesi. Cosa bene sia il "rotateci faetpr index" lo sa solo l'antropologo americano che lo ha ideato) e il motivo solitamente citato è quello della rapina. Ma c'era dell'altro. Una recente pubblicazione norvegese afferma che notevole importanza ebbe il "ruolo delle donne nella bellicosa società scandinava. Fiere e formidabili le donne vichinghe sapevano all'occasione diventare anche pericolosamente infide e in ogni caso non si lasciarono mai sottomettere".
Non fa meraviglia che i mariti di donne così formidabili optassero per lunghi soggiorni all'estero. Tanto più che nel sud i Vichinghi maschi trovavano piacevoli occasioni per dimenticare i difficili problemi domestici. Stando agli Annales de Sainl-Bertin nel 865 A.D. un nutrito gruppo di Nortmanni "ex se circiter ducentes Parisyus mittunt ubi quod quaesiverunt vinum" (inviarono un distaccamento di circa duecento uomini a Parigi in cerca di vino).
L'assillante sequenza di violenze e le depresse e penose condizioni di vita del tempo spinsero i tassi di mortalità a livelli molto elevati. E ovvio che ad una mortalità elevata deve corrispondere una fertilità altrettanto elevata se si vuole che la società sopravviva. Dopo la caduta dell'Impero gli Europei avevano fortunatamente perso la cattiva abitudine di sterilizzarsi con il piombo. Ciò fu un bene. Ma nel contempo, il commercio con l'Oriente andava sempre più languendo, e di conseguenza il pepe orientale divenne in Occidente un bene sempre più raro e costoso. Il grande storico belga Henry Pirenne e la sua scuola dedicarono accuratissime ricerche a dimostrare che l'avanzata musulmana nel VII ed VIII
secolo dell'era cristiana diede il colpo finale alle già traballanti relazioni commerciali tra Est ed Ovest; di conseguenza il pepe in Occidente divenne scarso come non mai.
3. Il pepe, si sa, è un potente afrodisiaco. Privati del pepe, gli Europei riuscirono a stento a controbilanciare le perdite di vite umane causate da baroni locali, guerrieri scandinavi, invasori ungheresi, e pirati arabi. La popolazione diminuì, le città si spopolarono mentre foreste e paludi si estesero sempre di più. Persa ogni speranza in una vita migliore in questo mondo, la gente pose sempre più le proprie speranze nella vita nell'ai di là e l'idea di ricompense in Cielo l'aiutò a sopportare la mancanza di pepe su questa terra.
Solo gli allocchi potevano guardare al futuro con ottimismo. I saggi ne provavano un sacro orrore, e molti per sfuggire ad un mondo brutale e sanguinario si rifugiarono nella pace dei conventi. Mancava ormai solo che apparissero i terribili cavalieri dell'Apocalisse come preannunciato dai Profeti e tutti erano rassegnati e convinti che ciò sarebbe avvenuto la mezzanotte del 31 dicembre 999. Dalle 23.30 di quel temuto giorno mamma dopo mamma si strinse i figlioletti al seno e gli amanti si abbracciarono in un ultimo patetico amplesso d'amore. La fatidica e temuta mezzanotte arrivò puntuale ma -con stupore di tutti-i cavalieri dell'Apocalisse non si fecero vedere. Il loro mancato appuntamento segnò il turning point della storia europea.
4. Il nuovo millennio può venire ragionevolmente considerato il millennio dell'Europa occidentale. Il merito di aver dato la stura a questa nuova epoca spetta a due personaggi di spicco di quel tempo, il Vescovo di Brema e Pietro l'Eremita. I due furono in definitiva i fondatori dell'imperialismo europeo. Il Vescovo di Brema aveva un debole per il miele e la selvaggina. Pietro invece prediligeva i cibi piccanti. Ciò che i due fecero fu, in realtà, molto semplice. Circondati da tipi violenti il cui sport preferito era quello di ammazzarsi a vicenda, il vescovo e l'eremita agirono da catalizzatori e indussero gli Europei a esercitare la loro violenza sui non Europei anziché sugli altri Europei. Tedesco qual'era, il vescovo parlò chiaro e tondo, senza fronzoli diplomatici e nel 1108 tuonò: "Gli Slavi sono gente abominevole, e la loro terra abbonda di miele, grano e selvaggina. Giovani cavalieri, volgete ad Oriente". Così il terribile Vescovo con l'esca del miele, del grano e della selvaggina spinse verso Oriente molte giovani teste calde tedesche e diede inizio a quel Drang nach Ostcn che portò alle conquiste tedesche dei territori oltre il fiume Elba e finalmente alla creazione dello Stato Prussiano.
L'Eremita era francese. Come scrisse Guglielmo di Tiro, "Pietro nacque nella diocesi di Amiens nel Regno di Francia. Era minuto e di salute malferma, ma aveva un grandissimo cuore". Secondo Guilberto di Nogent, Pietro "mangiava pochissimo pane, e viveva di solo pesce e vino". Non aveva quindi problemi di colesterolo. Ciò che nessuno racconta, tuttavia, è che Pietro aveva un debole per i cibi pepati. Se consumava solo pesce e vino lo faceva perché era un povero eremita e non un ricco abate e quindi non poteva permettersi di acquistare il pepe trafugato in Occidente dai contrabbandieri e vendutovi a carissimo prezzo. Solo, nel suo eremo circondato dai grandi silenziosi alberi della cupa foresta, Pietro soffriva in silenzio e pregava costantemente la Divina Provvidenza per un po' di pepe da aggiungere ai suoi semplici pasti. Ma la Divina Provvidenza sapeva che anche una piccolissima dose di pepe avrebbe compromesso la vita spirituale di Pietro e pertanto al posto del pepe gli mandava pioggia e neve e fulmini (Nel famoso scritto Statisticail Inquirics into the Etticacy of Prayer di Francis Galton non si fa alcun riferimento al risultalo negativo delle preghiere di Pietro). Cosa saggia e giusta dal punto di vista divino ma non dal punto di vista di Pietro che era uomo fuori
dall'ordinario. Solo, nel suo eremo, frustrato dai continui insuccessi delle sue preghiere, Pietro gradualmente elaborò un grande disegno: promuovere una crociata che avrebbe liberato la Terra Santa dall'oppressione musulmana e che nello stesso tempo avrebbe riaperto le vie di comunicazione con l'Oriente e pertanto reso nuovamente possibile il rifornimento regolare di pepe all'Europa. Con un colpo solo si potevano ottenere l'assicurazione di un dolce futuro premio in Cielo e il premio pepato sulla Terra. Quanto al successo dell'impresa, non vi potevano essere dubbi: come avrebbe potuto messer Domineddio, che pure conosceva l'aspirazione recondita di Pietro, negare il proprio aiuto ad un'impresa che avrebbe annientato i musulmani e liberato la Terra Santa?
È incredibile come un'idea possa trasformare un uomo. Pietro l'Eremita, il silenzioso, solitario Pietro, abbandonò i grandi e silenziosi alberi della cupa foresta e peregrinò di capanna in capanna, da villaggio a villaggio, da castello a castello, infiammando animi e cuori con un linguaggio irresistibile. "Era un grande oratore" scrisse Guglielmo di Tiro con ammirazione. Ma il merito del suo successo non va attribuito solo a lui ma anche ad una serie di fattori socio-culturali.
5. In tutte le forme di migrazione umana, vi sono forze di attrazione e di spinta. Il pepe fu certamente la forza di attrazione; il vino fu la forza di spinta. Il francese Rutebeuf riferisce che dopo una notte di abbondanti libagioni, i baroni erano pieni di fervore per la Crociata, e sognavano ad alta voce prodezze in battaglia ed atti di gloria. Questo scriveva Rutebeuf nel XIII secolo ma il senso della sua testimonianza può essere retroesteso a Pietro ed ai suoi seguaci. Come già ebbi modo di dire, secondo Guilberto di Nogent, Pietro "viveva di pesce e di vino".
è possibile che i suoi seguaci non amassero il pesce, ma in quanto al vino obbiezioni non ne sollevavano di certo.
Le condizioni economiche e sociali del tempo facilitarono il progetto di Pietro. La Chiesa ufficiale aveva sempre rimproverato ai baroni la loro condotta violenta e sanguinaria. Ora Pietro forniva a costoro la possibilità di dar legnate al prossimo meritandosi gli elogi invece che i rimbrotti della Chiesa. I giovani virgulti della nobiltà, privati dei diritti di successione secondo la ferrea legislazione feudale, videro nel piano di Pietro la possibilità di conquistare possedimenti in Oriente e, nel contempo acquistare meriti agli occhi dell'Onnipotente. E la gente comune intravide la possibilità di cambiar vita: farla finita con il proprio miserabile stato e partecipare al saccheggio dei tesori orientali con il beneplacito e la benedizione del Signore.
6. Prima della rivoluzione industriale, i trasporti e le comunicazioni erano lenti e difficoltosi. Lo erano anche ai tempi dei Romani pur se questi potevano disporre di strade e di ponti. Dopo la caduta dell'Impero, le strade caddero in rovina e i ponti crollarono per cui i trasporti e le comunicazioni divennero più ardui e più lenti. La gente incominciò a far uso, ovunque fosse possibile, di vie d'acqua. Ai tempi di Pietro, tuttavia, il Mediterraneo era quasi completamente in mano ai pirati musulmani. Pietro e i suoi seguaci cercavano, lo scontro con i musulmani ma non in alto mare. I baroni erano prodi in battaglia quando in sella ad un cavallo ma non quando in preda al mal di mare. Quando si soffre di mal di mare, l'ultima cosa che si può desiderare è quella di imbattersi in un pirata musulmano. Fu così che la maggioranza dei crociati scelse la via di terra, almeno fino a Genova o Venezia.
Il viaggio era lungo e i crociati ne erano consapevoli. Inoltre, per quanto infervorati dal vino e dalle parole di Pietro, i crociati si rendevano conto che sarebbe occorso loro molto tempo per sconfiggere gli infedeli. Sapevano quindi che non avrebbero rivisto la propria terra e la propria moglie per anni e anni a venire.
Tralasciando il caso straordinario della Scandinavia, si può affermare con assoluta certezza che l'Europa del Medioevo era dominio incontrastato dell'uomo. L'uomo era signore e padrone assoluto. Cosa ne pensassero le donne nel loro intimo, non si sa. A parole dichiaravano "li accettare la supremazia del maschio. Diceva però un proverbio, "fidarsi della propria moglie è bene ma non fidarsi è meglio". Quasi lutti i crociati erano analfabeti, ma conoscevano i proverbi. Nacque così in quel contesto socio-culturale l'idea della cintura di castità: un crociato dopo l'altro prima di partire pensò di mettersi al riparo da brutti scherzi facendo serrare la propria moglie nella scomoda (per la moglie) ma rassicurante (per il marito) cintura (Non tutte le donne europee acconsentirono a restare a casa, imprigionale nelle cinture di castità. Amanti del pepe, alcune seguirono i crociati. Secondo il cronista arabo Imad ad Din ad esempio, un giorno "arrivarono in un porto del Medio Oriente trecento bollo Europee, Giovani e belle, si erano unite por offrirsi ai crociati. Erano belle e rotondette, sfacciate ed altere al contempo, che molto davano e molto ricevevano"). Furono tempi d'oro per i fabbri e la metallurgia europea entrò in una fase di forte espansione. Questo fu solo il primo di un'intera serie di sviluppi spettacolari. 7. I musulmani furono sconfitti. Pietro poté soddisfare la sua gran voglia di pepe e dimenticò i grandi alberi silenziosi della cupa foresta. I crociati trovarono in Oriente molte cose interessanti e dimenticarono allegramente la loro terra e le loro mogli con cintura.
Come scrisse un cronista dell'epoca, Fulcher di Chartres:
"Noi che eravamo occidentali siamo diventati orientali. Abbiamo già scordalo il nostro paese natale. C'è chi già possiede una casa, una famiglia e dei servitori come se li avesse ricevuti dal padre o per diritto ereditario. C'è chi ha per moglie non una conterranea bensì una siriana, un'armena o financo una saracena battezzata. Ogni giorno ci raggiungono i nostri parenti ed amici dopo aver liberamente lasciato tutti i loro averi in occidente. Da poveri laggiù, il Signore qui li ha resi ricchi. Le loro poche monete sono divenute tantissime e tutte d'oro. Perché, dunque, tornare in occidente?"
In questa incredibile faccenda in cui furono stranamente coinvolti messer Domineddio, il pepe, le monete d'oro, gli eremiti, i signorotti feudali e le donne saracene, i soli a non perdere la testa furono gli Italiani. Tra costoro, i Veneziani, ai tempi tristi delle invasioni germaniche si erano rifugiati su alcune isolette in mezzo alle paludi e su quelle isole, come ebbe a notare un osservatore del X secolo, "illa gens non arat, non seminai, non vindemiat" ("quella gente non ara, non semina e non vendemmia"). Per vivere dovevano dunque darsi al commercio. Uno storico americano scrisse alcuni anni or sono che "l'avidità veneziana per i profitti derivati dal commercio e ottenuti con ogni mezzo poteva paragonarsi solo alla mancanza di scrupoli che caratterizzava i Genovesi". Un economista anglosassone altrettanto censorio scrisse: "Gli ingenui crociati si trovarono avviluppati in una rete di interessi commerciali di cui capivano poco o nulla. Durante le prime tre crociate i Veneziani, che avevano fornito loro le navi, li imbrogliarono spudoratamente alla stessa maniera che un mercante senza scrupoli imbroglia al mercato lo scemo del villaggio". Il fatto è che gli Italiani avevano intuito l'enorme potenziale commerciale insito nell'occupazione cristiana della Terra Santa. Pietro non era il solo europeo che bramasse il pepe. Di Pietri in Occidente ve n'erano decine di migliaia e gli Italiani -pur non avendo seguito corsi di ricerca di mercato-si impadronirono del commercio traendone profitti monopolistici notevoli. L'avessero fatto gli Olandesi, i Tedeschi o gli Inglesi, sarebbero stati additati nei manuali di storia quali ammirevoli esempi di etica
protestante ed encomiabili campioni di proto-capitalismo. Trattandosi solo di Italiani furono definiti esempi deplorevoli di "avidità" e di "assenza di scrupoli commerciali". Comunque sia, tanto si adoperarono i mercatanti italiani che il commercio del pepe entrò in una fase secolare di eccezionale espansione. Ad Alessandria d'Egitto un'intera via, anzi un intero quartiere, venne destinato al commercio del pepe ed in Occidente, dopo secoli di mancanza quasi totale, il pepe riapparve in quantità sempre crescenti sui mercati e sulle mense. 8. Da luogo tetro e triste qual'era, l'Europa occidentale si trasformò d'incanto in una terra traboccante di vitalità, energia e ottimismo. L'aumento del consumo del pepe incrementò l'esuberanza degli uomini che, con tante belle donne d'attorno chiuse nelle loro cinture di castità, provarono un improvviso grande interesse per la lavorazione del ferro; molti si trasformarono in fabbri e quasi tutti si diedero a produrre chiavi.
Questo fatto ebbe due importanti conseguenze:
1) la crescente frequenza del cognome Smith (=fabbro) in Inghilterra, Schmidt in Germania, Ferrari o Ferrario o Ferrerò o Fabbri in Italia, Favre, Febvre, Lefevre in Francia;
2) Lo sviluppo della metallurgia europea che entrò definitivamente in fase di decollo e di "self-sustained growth".
Il pepe aveva un'importante qualità, la non-deperibilità. Era inoltre un bene estremamente liquido poiché nessuno con la testa sulle spalle l'avrebbe rifiutato. Poteva servire pertanto non solo come fonte di energia bensì anche come mezzo dì scambio. Venendo il pepe usato sovente come moneta i mercanti divennero anche banchieri e praticarono l'usura sia con i poveri che con i signorotti spendaccioni. In cuor loro sapevano benissimo che vendendo armi al Saladino, pepe afrodisiaco agli Europei e praticando l'usura su larga scala si mettevano in pessima luce appo messer Domineddio. Fu così che, per mettersi a posto la coscienza, destinarono somme cospicue ad atti di carità ed a donazioni alla Chiesa. I mercanti italiani detenevano il primato delle competenze nella contabilità e nella amministrazione aziendale e di conseguenza tennero nota precisa e meticolosa di queste somme in conti speciali intitolati nei libri mastri come "conto di messere Domineddio". Vescovi ed Abati che ricevettero le donazioni dei mercanti ne spesero buona parte per costruire o ricostruire chiese, cattedrali e monasteri. Inoltre Vescovi ed Abati che per secoli avevano cumulato immensi tesori sottoponendo l'economia europea ad una pesantissima pressione deflazionistica, ora che il pepe era disponibile sul mercato, aprirono i loro forzieri e misero in circolazione fortune ragguardevoli gonfiando la domanda globale effettiva. La grande quantità di denaro speso per costruire le cattedrali fruttò lavoro e denaro ai muratori che, a loro volta, spesero il denaro guadagnato per acquistare pane ed indumenti dando così lavoro ai fornai ed ai sarti. In questo modo il "moltiplicatore" sostenne e moltiplicò lo sviluppo dell'economia europea.
La popolazione ovviamente crebbe; tuttavia a causa: a) dell'espansione del commercio del pepe b) degli effetti a monte e a valle di detta espansione e c) degli effetti del "moltiplicatore" e dell'"acceleratore", il tasso di crescita del reddito superò quello della popolazione, il reddito pro-capite aumentò e sino alla fine del XIII secolo l'Occidente riuscì ad evitare di cadere nella trappola malthusiana. In termini cliometrici le cose possono venire espresse nel modo seguente. In assenza di grandi movimenti migratori
A =B-D
dove AN sta per aumento della popolazione, B per il numero dei nati e D per quello dei morti. D fluttuava violentemente nel breve periodo, ma intorno ad un livello più o meno costante. D'altro canto
B=A Pc
dove B sta per nascite, A è la costante afrodisiaca del pepe e Pc è il consumo di pepe. Coll'aumentare di Pc, B e AN venivano ad assumere valori positivi molto elevati. Possiamo identificare Pc = Pt dove Pt, è il commercio del pepe. In base a quanto affermato poc'anzi a proposito di cattedrali, muratori, fornai e sarti è chiaro che AY = B Pc dove AY sta per l'incremento del reddito. Da tutto ciò consegue che
AN = (AB) AY-D
Ammesso che A /B < 1, abbiamo:
AN = AB AY-D<AY-D
AN<AY-D<AY
In altre parole il tasso di crescita del reddito aumentò più velocemente di quello della popolazione e come si è detto prima si evitò di cadere nella trappola malthusiana.
Alla rivoluzione economica seguì un'importante rivoluzione sociale. Un sociologo americano scrisse al proposito alcuni anni or sono che "una versione preprotestante dell'Etica Protestante di Weber giuocò un ruolo fondamentale nel declino del feudalesimo. In breve, per una ragione o per l'altra, le città crebbero come complemento ai proprietari fondiari. Coll'accumularsi del capitale nelle città, i proprietari fondiari furono costretti a ricorrere a certe misure che alla fin fine determinarono il crollo del sistema [feudale]". Ventisette pagine di annotazioni algebriche (generosamente sovvenzionate da un'accademia delle scienze) sono state necessarie per sostenere, elaborare e chiarire questa esilarante affermazione. Nell'Europa occidentale i protestanti "pre-protestanti" ebbero un notevole successo. Entro le mura che via via si allargavano coll'espandersi delle città, i protestanti-pre-protestanti (cioè la borghesia mercantile cittadina) acquisirono una posizione sociale sempre più importante ed un ruolo sempre più dinamico. Mentre gli aristocratici insegnavano ai loro figli a cavalcare, cacciare e duellare, nelle città i protestanti-pre-protestanti aprirono invece scuole di contabilità. Su di un solo punto le due classi erano d'accordo: sfruttare all'estremo i contadini che erano considerati non uomini ma animali da soma. Di tanto in tanto questi si rivoltavano ma finivano sempre con l'essere rimessi al loro posto a suon di legnate.
Come i cantastorie dell'epoca ripetevano in coro:
"Rusticani non civiles
semper erunt et sunt viles
rusticani sunt fallaces
sunt immundi, sunt mendaces" 9. L'Inghilterra ha sempre avuto un clima piovoso e non è un caso che ad inventare l'ombrello sia stato un inglese. Nei tempi di cui si tratta però l'Inghilterra oltre che Paese piovoso era anche Paese sottosviluppato (e sottosviluppato non solo in base ai parametri dei giorni nostri ma in base agli stessi parametri dell'epoca). Essendo piovoso e quindi melanconico e per di più sottosviluppato, l'Inghilterra era un Paese relativamente poco popolato. Questo mix di circostanze ebbe una serie di importanti conseguenze. Le pioggie abbondanti ed il clima umido favorivano l'esistenza di ottimi ed abbondanti pascoli. L'esistenza di ottimi ed abbondanti
pascoli favoriva l'esistenza di greggi di pecore eccezionali. L'esistenza di greggi di pecore eccezionali significava abbondanza di lana di primissima qualità. Il fatto che gli abitanti fossero pochi e poco sviluppati significava a sua volta a) che la produzione di lana superava i loro bisogni; b) che invece di trasformare la lana in prodotto finito (cioè tessuti) gli Inglesi per lunga pezza continuarono ad offrire la loro lana all'esportazione come materia prima.
A questo punto, a costo di interrompere il filo del discorso, viene spontaneo un confronto tra il destino dell'Inghilterra e quello dell'Italia. L'Inghilterra si ritrovò tra le mani ottima lana quando (nel Medioevo) le lana era la materia prima più ricercata; si ritrovò tra le mani ottimo ed abbondante carbone quando (ai tempi della Rivoluzione Industriale) la materia prima più preziosa era il carbone; e si ritrovò tra le mani il petrolio del mare del Nord quando (ai giorni nostri) il petrolio divenne la fonte d'energia più usata nell'attività produttiva. In contrasto l'Italia ebbe poca e grama lana nel Medioevo, pochissimo e gramissimo carbone nella Rivoluzione Industriale, e pochissimo e gramissimo petrolio nell'epoca corrente: in compenso ebbe sempre abbondanza di marmo che usò soprattutto per adornare chiese ed erigere monumenti funerari nei cimiteri.
II bisogno aguzza l'ingegno e gli Italiani del Medioevo seppero come aguzzarselo. Sul Continente i protestanti-pre-protestanti di rango spendevano parecchio per vestirsi ed erano sempre più alla ricerca di stoffe raffinate. Come due più due fa quattro i mercanti italiani collegarono i fatti: importarono le lane inglesi, impiantarono efficienti manifatture di tessuti di lana meccanizzando il processo produttivo mediante i mulini detti gualchiere e ne trassero lauti guadagni. Gran parte della lana inglese proveniva dalle terre dei monasteri e dei conventi inglesi.
Francesco di Balduccio Pegolotti, un mercante fiorentino ben informato della prima metà del Trecento, annovera nel suo elenco:
67 case religiose dell'Ordine di Cestello
41 case religiose dell'Ordine dei Promustieri
57 case religiose dell'Ordine Nero (Benedettini)
20 conventi di suore Queste istituzioni vendevano le migliori lane d'Inghilterra.
Il fiorente commercio della lana rese i monaci inglesi molto ricchi. Una parte di tale ricchezza fu destinata alla ricostruzione e all'abbellimento dei monasteri, una parte all'acquisto di nuove terre ma gran parte di essa fu spesa per combattere la melancolia che afferra coloro che vivono in luoghi piovosi ed umidi. Per quanto amassero il pepe, essendo monaci non potevano consumarne troppo a causa dei suoi effetti collaterali. Non restava dunque loro che il vino.
Il vino fu recato per la prima volta in Inghilterra dai Romani ed i Cristiani si diedero molto da fare per tenercelo. Nell'alto Medioevo quando il commercio su lunga distanza era praticamente nullo e quando assai incerti erano i rifornimenti di vino dalla Francia, gli Inglesi coltivarono estensivamente la vite nelle proprie isole. Ma il loro vino era pessimo. Guglielmo il Conquistatore lo sapeva e quando decise di invadere l'Inghilterra nel 1066 pensò bene di portare con sé una buona scorta di vino francese.
Gli accadimenti dei secoli seguenti complicarono notevolmente le cose. Il giorno di Natale 1137 Eleonora d'Aquitania andava in sposa a Luigi VII Re di Francia portandogli in dote i vastissimi territori del ducato di Aquìtania con i suoi magnifici vigneti. Il matrimonio però non era destinato al successo. "Eleonora non era probabilmente la donna più adatta per un uomo cosi sensibile come Luigi VII". Con questa frase uno storico inglese si aggiudicò il premio mondiale
dell'understatement. Eleonora per quanto ne sappiamo era molto bella, intelligentissima, intrigante, indomabile ed estremamente esuberante. Divorava pepe come se fosse cioccolata (ma la cioccolata a quei tempi non era ancora arrivata in Europa). Luigi VII era invece un pio uomo, innamorato si di sua moglie, ma assolutamente incapace di soddisfarla intellettualmente, psicologicamente e fisicamente: la sua compagnia preferita erano i monaci, con cui amava cantare canti liturgici.
Nel 1144 papa Eugenio III, accorato e depresso per le perdite di uomini e di territori che i crociati andavano subendo nel Medio Oriente per via della riscossa araba convinse Re Luigi ad organizzare una seconda crociata onde arrestare l'avanzata musulmana. Re Luigi con l'aiuto di Bernardo da Chiaravalle riuscì a convincere i suoi baroni a seguirlo. Eleonora non era il tipo da restare a casa a far d'uncinetto chiusa in una cintura di castità e segui alla Crociata il marito ed i suoi baroni.
L'avventura medio-orientale però invece di rinsaldare i legami tra marito e moglie fini col guastarli del tutto. Eleonora era eccitatissima alla vista delle meraviglie e dei piaceri dell'Oriente e divenne più esuberante che mai, mentre Re Luigi -quando non era occupato a battagliare contro i musulmani -occupava sempre di più il tempo libero accompagnando i monaci nei loro canti liturgici. Eleonora andava in giro dicendo che suo marito "era più monaco che re" e secondo un cronista non certo benevolo la regina apostrofò un giorno il Re vociandogli che "non valeva più di una pera marcia".
La coppia ritornò a Parigi nel novembre del 1149. Attorno ai due ruotavano due abati: il dolce, colto ed esteta Suger ed il rompiscatole per antonomasia Bernardo da Chiaravalle. Suger morì nel gennaio del 1151 e con lui scomparve un elemento che si dava da fare per salvare il matrimonio della coppia regale. Rimase il rompiscatole che aveva invece sempre nutrito sentimenti di sospetto ed ostilità nei riguardi di Eleonora, così come nutriva elementi di sospetto e di ostilità verso ogni donna specie se attraente. La nefasta influenza del rompiscatole su Luigi VII fu decisiva. Il Re chiese al Papa l'annullamento del matrimonio per ragioni di consanguineità e nel marzo del 1152 il matrimonio tra Luigi ed Eleonora fu annullato.
Ottenuto l'annullamento Luigi ordinò a tutte le chiese di Francia di intonare il Te Deum, ma l'ultima nota del Te Deum non era ancora terminata che Re Luigi ricevette la terrificante notizia che l'indomabile Eleonora aveva sposato il 18 maggio 1152 Enrico duca di Normandia, di undici anni più giovane di lei e per via di madre erede al trono d'Inghilterra. Enrico aveva ereditato dal padre la Normandia, il Maine, l'Anjou e la Touraine. Sposando Eleonora si assicurò l'Aquitania. Nel 1154 salì al trono d'Inghilterra. Così con il 1154 il Re d'Inghilterra veniva a controllare non solo l'Inghilterra ma anche più dei due terzi del suolo francese, con i magnifici vigneti che vi prosperavano.
Fu allora che il vino francese cominciò ad affluire in quantità notevoli sul mercato inglese. Dopo la perdita del Poitou e della Normandia. Re Giovanni fece di Bordeaux il centro del potere inglese in Francia, per cui i consumatori inglesi incominciarono a concentrarsi sul chiaretto di Bordeaux. Il primo carico di vino della Guascogna giunse a Southampton nel 1213 e a Bristol l'anno successivo. Circa a quell'epoca, la vendita della lana da parte dei monaci inglesi entrava in una fase secolare di rapida espansione. Alla fine del XIII secolo. l'Inghilterra esportava in media 30.000 sacchi di lana grezza all'anno. Parallelamente crebbe il commercio del vino guascone e gli storici ritengono che all'inizio del XIV secolo Bordeaux esportasse in Inghilterra una media di 700.000 ettolitri di vino all'anno.
Fu allora che il capitalismo medievale raggiunse il suo apice. Il pepe, il vino e la lana erano i principali ingredienti della prosperità generale, il pepe mantenendo naturalmente il ruolo di quello che Marx chiamava il motore della storia. 10. Il longobardo Bertoldo si sentiva infelice nelle giornate di sole poiché sapeva che la sola cosa che poteva aspettarsi erano giornate di cattivo tempo. Ed era felice invece (quando pioveva, per la ragione opposta. V'erano state troppe giornate di sole nell'economia dell'Europa occidentale tra l'anno 1000 ed il 1300; secondo la legge di Bertoldo, c'erano da aspettarsi giornate di cattivo tempo. E cosi fu. Ai Re inglesi il vino piaceva molto e ne avevano per cosi dire un culto. Quando Enrico, il figlioletto di Edoardo, si ammalò la sera di Pentecoste, il Re fece aggiungere un gallone di vino all'acqua del bagno del fanciullo. Nel Medioevo si produceva il vino senza particolari accorgimenti per l'invecchiamento, per cui una parte considerevole dell'enorme riserva reale finiva con l'inacidirsi. I sovrani inglesi di norma si assicuravano che il vino buono fosse riservato alla loro tavola e che agli ospiti fosse servito quello andato a male. Pietro di Blois, scrivano alla corte di Enrico II riferisce che:
"Ho visto servire persino all'alla nobiltà del vino così torbido che uno era costretto a chiudere gli occhi, stringere i denti e con la bocca storia e gran ripugnanza, filtrare anziché bere quella robaccia."
Insomma per i sovrani inglesi il vino era una cosa seria. Nessuna meraviglia dunque, se intorno al 1330, fra il Re d'Inghilterra ed il Re di Francia sorgesse una grave disputa per il controllo delle zone viticole francesi. L'infausto risultato di questo litigio fu una guerra che va sotto il nome di "Guerra dei Cento Anni", pur essendo durata 116 anni. Il vero eroe di questa interminabile contesa fu una donna, Giovanna d'Arco, che si batté coraggiosamente contro il Re d'Inghilterra perché il vino francese restasse sotto le regole francesi di appellation controlée. La lunga guerra però rovinò finanziariamente entrambi i paesi, e comportò anche la rovina di molti vigneti francesi devastati dalle compagnie di ventura. La malvagità della soldataglia si manifestò in comportamenti indicibili che rovinarono parecchio del capitale fisico usato dai contadini nella produzione del vino. Così, dopo aver bevuto il nettare contenuto nelle botti trovate piene nei paesi conquistati, la soldataglia si diede a sfasciare le botti a colpi d'ascia o a cacarvi dentro: il che prova una volta di più la bestialità e la stupidità delle guerre. In quel triste periodo, l'Europa fu colpita da un altro flagello. Tra il 1000 ed il 1300 della nostra era, grazie anche, fra l'altro, agli effetti di tutto il pepe importato in Europa, la popolazione europea era aumentata in modo considerevole. Le stime più recenti danno le seguenti cifre, espresse in milioni di persone (le sole cifre attendibili sono quelle che si riferiscono alle date)

Commentando questa crescita demografica nonché i relativi movimenti di colonizzazione, un famoso professore russo-inglese scriveva anni or sono: "Finché il movimento di colonizzazione progredì con l'occupazione di nuove terre, i raccolti
di queste terre vergini incoraggiarono la creazione di nuove famiglie e la formazione di nuovi insediamenti umani. In prosieguo di tempo, tuttavia, il carattere marginale delle nuove terre non mancò di manifestarsi. Ai grandi raccolti subentrarono lunghi periodi di resa dei conti in cui le terre depauperate e non più nuove parevano punire coloro che le avevano messe a cultura. Non è azzardato interpretare il declino della produzione agricola come una punizione naturale per una precedente eccessiva espansione".
Che gli Europei si meritassero una sorta di "punizione" per tutto il pepe che avevano consumato tra il 1000 ed il 1300 A.D., è fuori discussione. Poiché il pepe era venduto soprattutto nei mercati urbani, la gente si riversava nelle città ed essendo i tempi ancora insicuri, si accalcava negli spazi assai ristretti contenuti entro le cerchia delle mura. Intorno al 1340 Parigi, Cordova, Venezia e Firenze contavano circa 100.000 abitanti, Bologna, Roma, Milano, Londra, Colonia, Gant, Bruges e Smolensk probabilmente intorno ai 50.000. Molte altre città contavano tra i 10.000 ed i 20.000 abitanti. Secondo i nostri parametri moderni, queste non sono grandi cifre. Ma se si considerano le cose alla luce dei livelli di igiene, sanità e scienza medica del tempo ci si rende facilmente conto che intorno al 1340 la situazione si era fatta esplosiva. Ed infatti esplose. In Asia la peste è di natura endemica e la peste che travolse l'Europa tra il 1347 ed il 1351 fu chiaramente di origine asiatica. Provenendo dall'Oriente la peste apparve in Sicilia e nel sud della Francia verso la fine del 1347. Nel giugno del 1348 aveva raggiunto Venezia, Milano, Lione, Bordeaux, Tolosa e Saragozza. Nel dicembre del 1348, aveva raggiunto Muhldorf, Calais, Southampton, Bristol. Alla fine del 1349, la Scozia, la Danimarca e la Norvegia. Non abbiamo purtroppo un censimento attendibile della popolazione dei ratti e delle loro pulci in Europa nel 1347-51. Sappiamo tuttavia che gli acquedotti romani non erano stati più riattivati dalla caduta dell'Impero e che la gente dell'Europa medievale raramente faceva il bagno. Nelle città medievali i più vivevano in condizioni di sudiciume e di miseria. Pur non potendo fornire cifre precise al riguardo, possiamo affermare che nel 1347 c'erano in Europa occidentale molti più ratti e più pulci di quanto comunemente si crede.
La gente di allora non sapeva di avere più ratti e pulci di quanto comunemente si crede. Non sapeva neppure che la sequenza dell'infezione era del tipo: ratto > pulce >uomo.
Fatto sta che, nel giro di due anni, un terzo circa della popolazione europea scomparve in modo decisamente poco piacevole. Fu un incubo. Di più la pandemia lasciò degli strascichi che durarono per circa tre secoli, nel senso che fu seguita da una serie di epidemie che in modo intermittente ma implacabile continuarono a devastare a turno le varie parti d'Europa. Sino alla fine del Quattrocento la popolazione europea rimase sensibilmente al di sotto dei livelli che aveva raggiunto
nel 1340.
La contrazione demografica rese più scarso il fattore lavoro, per cui le pretese salariali degli operai aumentarono di colpo. Alla zecca di Firenze, per esempio, nel 1365 i dirigenti disperati relazionarono al governo che
"i quattro operai non vogliono lavorare se non quando comoda loro. E se vengono fatte loro rimostranze rispondono con parolacce villane ed arroganti vociando di voler lavorare solo quando torna loro di comodo e a condizione di aumenti di salario. E benché siano state più volte fatte loro offerte di salari ragionevoli, tuttavia montando nella loro arroganza si comportano sempre peggio e pretendono che nessuno altro venga a lavorare
nella zecca minacciando chi osasse contravvenire al loro ostruzionismo e così fanno setta all'interno della zecca."
Nel 1350 Matteo Villani scriveva che "tutti erano ricchi de'loro mestieri, guadagnavano ingordamente e più erano pronti a comperare e vivere delle migliori cose".
Tutto ciò significò che ceti sempre più larghi poterono permettersi razioni soddisfacenti di pepe. Ciò avrebbe creato una pesante scarsità di pepe sul mercato ed un aumento iperbolico del suo prezzo se non fossero tempestivamente intervenuti i Portoghesi. Re Enrico di Portogallo -che fu chiamato il Navigatore perché mandava gli altri a navigare-organizzò la sistematica esplorazione della costa occidentale dell'Africa, nella speranza (alla fine coronata da successo) di trovare un passaggio marittimo che mettesse in comunicazione marittima diretta il Portogallo con i paesi produttori di pepe in Estremo Oriente. Lungo le coste occidentali dell'Africa intanto, gli esploratori portoghesi trovarono in abbondanza il pepe nero che era di qualità molto inferiore al pepe asiatico ma era pur sempre pepe e con le loro caravelle ne importarono in Europa quantità rilevanti. Intanto erano andate succedendo altre cose strane.
Nella prima metà del XIV secolo la situazione finanziaria del Re d'Inghilterra non era delle più rosee. Tra l'altro, il Re aveva preso in prestito dai mercanti fiorentini somme talmente consistenti per cui solo il pagamento degli interessi bastava a provocare il mal di capo ai suoi contabili. Quando nel 1337 dichiarò guerra al Re di Francia per via di quei benedetti vigneti francesi, come tutti quelli che dichiarano guerra, Re Edoardo pensò che la sua sarebbe stata una guerra lampo. Come succede a tutti coloro che progettano una guerra lampo, si sbagliò digrosso. La sua guerra lampo durò come si è già visto 116 anni e lui non visse abbastanza da saperlo. Ciò che capi tuttavia sin dall'inizio del pasticciaccio, era che le sue risorse finanziarie non avrebbero potuto sostenere il costo dell'impresa. Poco dopo il 1340 dichiarò bancarotta ed informò i banchieri fiorentini che non avrebbe pagato i suoi debiti. Per i Fiorentini fu una perdita disastrosa. Di più. Da un punto di vista psicologico, fu un vero e proprio shock. Se nel mondo degli affari non ci si può fidare di un gentiluomo inglese, di chi diavolo mai ci si può fidare? I Fiorentini trassero le logiche conclusioni: piantarono il commercio e la banca e si diedero alla pittura, alla cultura e alla poesia. Iniziò così il Rinascimento mentre sul Medioevo calava la parola FINE
Le leggi fondamentali della stupidità umana Introduzione
Le faccende umane si trovano, per unanime consenso, in uno stato deplorevole. Questa peraltro non è una novità. Per quanto indietro si riesca a guardare, esse sono sempre state in uno stato deplorevole. Il pesante fardello di guai e miserie che gli esseri umani devono sopportare, sia come individui che come membri della società organizzata, è sostanzialmente il risultato del modo estremamente improbabile -e oserei dire stupido-in cui la vita fu organizzata sin dai suoi inizi. Da Darwin sappiamo di condividere la nostra origine con le altre specie del regno animale e tutte le specie, si sa, dal vermiciattolo all'elefante, devono sopportare la loro dose quotidiana di tribolazioni, timori, frustrazioni, pene e avversità. Gli esseri umani, tuttavia, hanno il privilegio di doversi sobbarcare un peso aggiuntivo, una dose extra di tribolazioni quotidiane, causate da un gruppo di persone che appartengono allo stesso genere umano. Questo gruppo è molto più potente della Mafia o del Complesso industriale-militare o dell'Internazionale Comunista. E un gruppo non organizzato, non facente parte di alcun ordinamento, che non ha capo, né presidente, né statuto, ma che riesce tuttavia ad operare in perfetta sintonia come se fosse guidato da una mano invisibile, in modo tale che le attività di ciascun membro contribuiscono potentemente a rafforzare ed amplificare l'efficacia dell'attività di tutti gli altri membri. La natura, il carattere ed il comportamento dei membri di questo gruppo sono l'argomento delle pagine che seguono. Occorre sottolineare a questo punto che questo saggio non è né frutto di cinismo né una esercitazione di disfattismo sociale -non più di quanto lo sia un libro di microbiologia. Le pagine seguenti sono, infatti, il risultato di uno sforzo costruttivo per investigare, conoscere e quindi possibilmente neutralizzare una delle più potenti e oscure forze che impediscono la crescita del benessere e della felicità umana.
Capitolo primo - La Prima Legge Fondamentale
La Prima Legge Fondamentale della stupidità umana asserisce senza ambiguità di sorta che:
Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione
(Gli autori del vecchio Testamento erano coscienti della esistenza della Prima Legge Fondamentale e la parafrasarono quando affermarono che "stultorum infìnitus est numcrus". ma caddero in un'esagerazione poetica. Il numero di persone stupide non può essere infinito perché il numero di persone viventi e finito). A prima vista l'affermazione può sembrare triviale oppure ovvia oppure ingenerosa oppure tutte queste tre cose insieme. Tuttavia un più attento esame rivela in pieno la sua realistica veridicità. Si consideri quanto segue. Per quanto alta sia la stima quantitativa che uno faccia della stupidità umana, si resta ripetutamente e ricorrentemente stupiti dal fatto che:
a) persone che uno ha giudicato in passato razionali ed intelligenti si rivelano poi all'improvviso inequivocabilmente e irrimediabilmente stupide;
b) giorno dopo giorno, con un'incessante monotonia, si è intralciati e ostacolati nella propria attività da individui pervicacemente stupidi, che compaiono improvvisamente ed inaspettatamente nei luoghi e nei momenti meno opportuni.
La Prima Legge Fondamentale impedisce di attribuire un valore numerico alla frazione di persone stupide rispetto al totale della popolazione: qualsiasi stima numerica risulterebbe una sottostima. Perciò nelle pagine seguenti si denoterà la quota di persone stupide all'interno di una popolazione con il simbolo o.
Capitolo secondo - La Seconda Legge Fondamentale
Le tendenze culturali prevalenti oggi nei paesi occidentali favoriscono una visione egualitaria della Umanità. Si ama pensare all'Uomo come al prodotto di massa di una catena di montaggio perfettamente congegnata. La genetica e la sociologia, soprattutto, si sforzano di provare, con una mole impressionante di dati scientifici e formulazioni, che tutti gli uomini sono per natura uguali e che se alcuni sono più uguali degli altri, ciò è attribuibile all'educazione e all'ambiente sociale e non a Madre Natura.
Si tratta di un'opinione diffusa che personalmente non condivido. E mia ferma convinzione, sostenuta da anni di osservazioni e sperimentazioni, che gli uomini non sono uguali, che alcuni sono stupidi ed altri non lo sono, e che la differenza è determinata non da forze o fattori culturali ma dalle mene biogenetiche di una imperscrutabile Madre Natura. Uno è stupido nello stesso modo in cui un altro ha i capelli rossi; uno appartiene al gruppo degli stupidi come un altro appartiene ad un gruppo sanguigno.
Insomma uno nasce stupido per volere imperscrutabile e insindacabile della Divina Provvidenza.
Pur essendo convinto che una frazione o di esseri umani sia stupida e che lo sia per volere della Provvidenza, io non sono un reazionario che cerca di reintrodurre furtivamente discriminazioni di classe o di razza. Credo fermamente che la stupidità sia una prerogativa indiscriminata di ogni e qualsiasi gruppo umano e che tale prerogativa sia uniformemente distribuita secondo una proporzione costante. Questo fatto è scientificamente espresso dalla Seconda Legge Fondamentale che dice che:
La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona.
A questo proposito, la Natura sembra veramente aver superato se stessa. E risaputo che la Natura, piuttosto misteriosamente, fa in modo di mantenere costante la frequenza relativa di certi fenomeni naturali. Per esempio, che gli uomini proliferino al Polo Nord od all'Equatore, che le coppie che si uniscono siano progredite o sottosviluppate, che siano nere, rosse, bianche, o gialle, il rapporto maschio-femmina tra i nuovi nati è costante, con una leggera prevalenza dei maschi. Noi non sappiamo come la Natura ottenga questo straordinario risultato, ma sappiamo che per ottenerlo deve operare con grandi numeri. Il fatto straordinario circa la frequenza della stupidità è che la Natura riesca a fare in modo che tale frequenza sia sempre e dovunque uguale alla probabilità o indipendentemente dalla dimensione del gruppo, tanto che si ritrova la stessa percentuale di persone stupide sia che si prendano in considerazione gruppi molto ampi o gruppi molto ristretti. Nessun altro genere di fenomeni oggetto di osservazione offre una prova così singolare del potere della Natura. La prova che l'educazione e l'ambiente sociale non hanno nulla a che fare con la probabilità o è stata fornita da una serie di esperimenti condotti in molte università del mondo. Possiamo suddividere la popolazione di un'università in quattro grandi categorie: i bidelli, gli impiegati, gli studenti, il corpo docente. Ogni volta che si analizzarono i bidelli si trovò che una frazione o di loro erano stupidi. Dato che il valore di o era più alto di quanto ci si aspettasse (Prima Legge), si pensò dapprima, pagando il tributo alle mode correnti, che ciò fosse dovuto alla povertà delle famiglie da cui in genere i bidelli provengono e alla loro scarsa istruzione. Ma analizzando i gruppi più elevati si trovò che la stessa percentuale prevaleva anche fra gli impiegati e fra gli studenti. Ancora più impressionanti furono i risultati ottenuti fra il corpo docente. Sia che si considerasse una grande
università od una piccola, un istituto famoso od uno oscuro, si trovò che la stessa frazione o di professori era composta da stupidi. Fu tale la sorpresa dei risultati ottenuti che ci si prefisse di estendere le ricerche ad un gruppo particolarmente selezionato, ad una vera e propria "élite", cioè i vincitori dei Premi Nobel. Il risultato confermò i poteri supremi della Natura: una frazione o dei Premi Nobel è costituita da stupidi.
Questo risultato è difficile da accettare e digerire, ma troppe prove sperimentali ne provarono la fondamentale validità. La Seconda Legge Fondamentale è una legge di ferro, e non ammette eccezioni. Il Movimento di Liberazione della Donna apprezzerà la Seconda Legge, in quanto questa legge dimostra che gli individui stupidi sono proporzionalmente tanto numerosi fra gli uomini che fra le donne. Le popolazioni dei paesi del Terzo Mondo si consoleranno con la Seconda Legge, in quanto essa dimostra che dopotutto le popolazioni cosidette "sviluppate" non sono poi così sviluppate. Che la Seconda Legge Fondamentale piaccia o non piaccia comunque le sue implicazioni sono diabolicamente ineluttabili: essa comporta infatti che sia che si frequentino circoli eleganti o che ci si rifugi tra i tagliatori di teste della Polinesia, che ci si chiuda in un monastero o che si decida di trascorrere il resto della propria vita in compagnia di donne belle e lussuriose, il fatto permane che si dovrà sempre affrontare la stessa percentuale di gente stupida -percentuale che (in accordo con la Prima Legge) supererà sempre le più nere previsioni.
Capitolo terzo - Un intervallo tecnico
A questo punto è necessario chiarire il concetto di stupidità umana e definire la dramatis persona.
Gli individui sono caratterizzati da differenti gradi di propensione a socializzare. Ci sono individui per i quali qualsiasi contatto con altri individui è una dolorosa necessità. Essi devono letteralmente sopportare le persone e le persone devono sopportare loro. All'altro estremo dello spettro ci sono individui che non possono assolutamente vivere da soli e sono persino disposti a trascorrere il loro tempo in compagnia di persone che disdegnano, piuttosto che restare soli. Tra questi due estremi, vi è una grande varietà di condizioni, sebbene la grande maggioranza di persone sia più vicina al tipo che non può sopportare la solitudine piuttosto che al tipo che non ha propensione per i rapporti umani. Aristotele riconobbe questo fatto quando scrisse che "l'uomo è un animale sociale" e la validità della sua affermazione è dimostrata dal fatto che noi ci muoviamo in gruppi sociali, che ci sono più persone sposate che scapoli o nubili, che tanta ricchezza e tempo sono sprecati in esasperanti e noiosi cocktail parties e che alla parola solitudine viene normalmente attribuita una connotazione negativa.
Che uno appartenga al tipo eremita od al tipo mondano, deve comunque trattare con la gente, anche se con diversa intensità. Ogni tanto anche gli eremiti incontrano persone. Inoltre ci si pone sempre in relazione con gli esseri umani anche evitandoli. Ciò che avrei potuto fare per un individuo o per un gruppo, e che non ho fatto, rappresenta un "costo-opportunità" (cioè un guadagno mancato od una perdita) per quella particolare persona o particolare gruppo. La morale della favola è che ognuno di noi ha una sorta di conto corrente con ognuno degli altri. Da qualsiasi azione, o non azione, ognuno di noi trae un guadagno od una perdita, ed allo stesso tempo determina un guadagno od una perdita a qualcun altro. I guadagni e le perdite possono essere opportunamente illustrati da un grafico, e la fig. 1 mostra il grafico base utilizzabile per questo scopo.
Il grafico si riferisce ad un individuo che chiameremo Tizio. L'asse delle X misura il guadagno che Tizio ottiene dalla sua azione. L'asse delle Y mostra il guadagno che un'altra persona, o gruppo di persone, sperimenta a seguito dell'azione di Tizio.
Il guadagno può essere positivo, nullo o negativo; un guadagno negativo equivale ad una perdita. L'asse delle X misura i guadagni positivi di Tizio alla destra del punto 0, mentre le perdite di Tizio sono indicate alla sinistra del punto 0. L'asse Y, rispettivamente sopra e sotto il punto 0, misura i guadagni e le perdite della persona, o gruppo di persone, con cui Tizio ha a che fare. Fig. 1
Per rendere chiare le cose, facciamo un esempio ipotetico riferendoci alla figura 1. Tizio compie un'azione nei riguardi di Caio. Se Tizio dalla sua azione ricava un guadagno e Caio dalla stessa azione riporta una perdita, l'azione sarà registrata sul grafico con un segno che apparirà in qualche punto dell'area B. I guadagni e le perdite possono essere registrati sull'asse delle X e delle Y in dollari o franchi o lire, se si vuole, ma si devono includere anche le ricompense e le soddisfazioni psicologiche ed emotive e gli stress psicologici ed emotivi. Questi sono beni (o mali) immateriali e pertanto assai difficili da misurare con parametri oggettivi. L'analisi di tipo costi-benefici può aiutare a risolvere il problema, anche se non completamente, ma non voglio infastidire il lettore con dettagli tecnici: un margine di imprecisione può intaccare la misurazione, ma non intacca l'essenza dell'argomento. Un punto comunque deve essere chiaro. Nel considerare l'azione di Tizio e nel valutare i benefici o le perdite che Tizio ne deriva, si deve tener conto del sistema di valori di Tizio: ma per determinare il guadagno o la perdita di Caio è assolutamente indispensabile riferirsi al sistema di valori di Caio e non a quello di Tizio. Troppo spesso si sorvola su questa norma di fair play, e molti guai derivano proprio dal fatto che non viene rispettato questo principio di civile comportamento. Ricorriamo ancora una volta ad un esempio banale. Tizio dà una botta sulla testa a Caio e ne ricava soddisfazione. Tizio può magari sostenere che Caio è felice di aver ricevuto una botta sulla testa. Ma è altamente probabile che Caio non sia della stessa opinione. Anzi Caio potrebbe considerare il colpo sulla sua testa uno spiacevolissimo incidente. Se la botta sulla testa di Caio sia stato un guadagno o una perdita per Caio, tocca a Caio deciderlo e non a Tizio.
Capitolo quarto - La Terza (ed aurea) Legge Fondamentale
La Terza Legge Fondamentale presuppone, sebbene non lo enunci esplicitamente, che gli esseri umani rientrino in una di quattro categorie fondamentali: gli sprovveduti, gli intelligenti, i banditi e gli stupidi. Il lettore acuto comprenderà facilmente che queste quattro categorie corrispondono alle quattro aree H, I, B, S del grafico base (vedi fig. 1).

Se Tizio compie un'azione e ne ricava una perdita mentre nello stesso tempo procura un vantaggio a Caio, il segno di Tizio cadrà nel campo H: Tizio ha agito da sprovveduto. Se Tizio compie un'azione dalla quale ottiene un vantaggio e nello stesso tempo procura un vantaggio anche a Caio, il segno di Tizio cadrà nell'area I: Tizio ha agito intelligentemente. Se Tizio compie un'azione dalla quale trae un vantaggio causando una perdita a Caio, il punto di Tizio cadrà nell'area B: Tizio ha agito da bandito. La stupidità corrisponde all'area S ed a tutte le posizioni sull'asse Y sotto il punto 0.
La Terza Legge Fondamentale chiarisce esplicitamente che: Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un'altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.
Poste di fronte alla Terza Legge Fondamentale, le persone razionali reagiscono istintivamente con scetticismo ed incredulità. Il fatto è che le persone ragionevoli hanno difficoltà a concepire ed a comprendere un comportamento irragionevole. Ma lasciamo perdere la teoria ed osserviamo invece quel che ci capita in pratica nella vita di tutti i giorni. Tutti noi ricordiamo casi in cui si ebbe sfortunatamente a che fare con un individuo che si procurò un guadagno causando a noi una perdita: eravamo incocciati in un bandito. Possiamo ricordare anche casi in cui un individuo realizzò un'azione il cui risultato fu una perdita per lui ed un guadagno per noi: avevamo avuto a che fare con uno sprovveduto (Si noti la precisazione "un individuo realizzò un'azione". Il fatto che fu lui a iniziare l'azione è decisivo per stabilire che è uno sprovveduto. Se fossi stato io ad intraprendere l'azione che determinò il mio guadagno e la sua perdita, la conclusione sarebbe diversa: in questo caso io sarei stato un bandito).
Possiamo ricordare anche casi in cui un individuo realizzò un'azione dalla quale entrambe le parti trassero vantaggio: si trattava di una persona intelligente. Tali casi accadono di continuo. Ma riflettendoci bene bisogna ammettere che questi non rappresentano la totalità degli eventi che caratterizzano la nostra vita di tutti i giorni. La nostra vita è anche punteggiata da vicende in cui noi si incorre in perdite di denaro, tempo, energia, appetito, tranquillità e buonumore a causa delle improbabili azioni di qualche assurda creatura che capita nei momenti più impensabili e sconvenienti a provocarci danni, frustrazioni e difficoltà, senza aver assolutamente nulla da guadagnare da quello che compie. Nessuno sa, capisce o può spiegare perché quella assurda creatura fa quello che fa. Infatti non c'è spiegazione -o meglio-c'è una sola spiegazione: la persona in questione è stupida.
Capitolo quinto - Distribuzione della frequenza
La maggior parte delle persone non agisce coerentemente. In certe circostanze una persona agisce intelligentemente e in altre quella stessa persona si comporta da sprovveduto. L'unica importante eccezione alla regola è rappresentata dalle persone stupide che normalmente mostrano una massima propensione per una piena coerenza in ogni campo d'attività.
Da ciò non consegue che si possa segnare sul grafico solo la posizione degli individui stupidi. Possiamo calcolare per ogni persona la sua posizione sul piano della figura 1 in base alla media ponderata. Una persona intelligente può talvolta comportarsi da sprovveduto, come può talvolta assumere un comportamento banditesco. Ma, poiché la persona in questione è fondamentalmente intelligente, la maggior parte delle sue azioni avranno la caratteristica dell'intelligenza e la sua media ponderata si collocherà nel quadrante I del grafico n. 1.
Il fatto che sia possibile collocare nel grafico gli individui anziché le loro azioni consente qualche digressione sulla frequenza dei banditi e degli stupidi. Il perfetto bandito è colui che, con le sue azioni, causa ad altri perdite equivalenti a suoi guadagni. Il più rozzo tipo di banditismo è il furto. Una persona che rub 10.000 lire senza causarti ulteriori danni, è un bandito perfetto: tu perdi 10.000 lire lui ne guadagna 10.000. Nel grafico i banditi perfetti appariranno sulla linei diagonale di 45 gradi che divide l'area B in 2 sub-aree perfettamente simmetrichi
(linea OM della fig. 2).

Tuttavia i banditi perfetti sono relativamente pochi. La linea OM divide l'area B nelle due sub-aree BI e Bs e la grande maggioranza dei banditi si colloca in qualche punto di queste 2 sub-aree.
I banditi che occupano l'area BI sono coloro che procurano a se stessi guadagni maggiori delle perdite che causano agli altri. Tutti i banditi che occupano una posizione nell'area BI sono disonesti con un elevato grado di intelligenza e quanto più la loro posizione si avvicina alla parte destra dell'asse delle X, tanto più tali banditi partecipano alle caratteristiche della persona intelligente. Sfortunatamente gli individui che occupano una posizione nella area BI non sono molto numerosi. La maggior parte dei banditi si colloca in effetti nell'area Bs. I banditi che rientrano in questa area sono individui le cui azioni procurano loro vantaggi inferiori alle perdite causate agli altri. Se qualcuno ti fa cadere e rompere una gamba per scipparti 10.000 lire o ti causa danni all'automobile per mezzo milione di lire per rubarti una radiolina dalla quale lui ricaverà sì e no 30.000 lire, se qualcuno ti tira un colpo di pistola e ti ammazza solo per trascorrere una notte in compagnia di tua moglie a Monte Carlo, possiamo star certi che non si tratta di un bandito "perfetto". Anche utilizzando i suoi parametri per misurare i suoi guadagni (ma usando i nostri parametri per misurare le nostre perdite) egli cadrà nell'area Bs molto vicino al limite della stupidità pura.
La distribuzione della frequenza delle persone stupide è del tutto diversa da quella dei banditi, degli intelligenti e degli sprovveduti. Mentre costoro sono per la maggior parte sparpagliati nell'ambito della propria area, gli stupidi sono in massima parte concentrati lungo l'asse delle Y al di sotto del punto 0. La ragione di tutto ciò è che la grande maggioranza delle persone stupide sono fondamentalmente e fermamente stupide -in altre parole essi insistono con perseveranza nel causare danni o perdite ad altre persone senza ottenere alcun guadagno per sé, sia esso positivo o negativo. Ci sono tuttavia persone che, con le loro inverosimili azioni, non solo causano danni ad altre persone, ma anche a se stesse. Queste sono un genere di super-stupidi che, in base al nostro sistema di computo, appariranno in qualche punto dell'area S alla sinistra dell'asse delle Y.
Capitolo sesto - Stupidità e potere
Come tutte le creature umane, anche gli stupidi influiscono sulle altre persone con intensità molto varia. Alcuni stupidi causano normalmente solo perdite limitate, mentre altri riescono a causare danni spaventosi non solo ad uno o due individui, ma ad intere comunità o società. II potenziale di una persona stupida di creare danni dipende da due fattori principali. Innanzitutto esso dipende dal fattore genetico. Alcuni individui ereditano notevoli dosi del gene della stupidità e grazie a tale eredità appartengono, sin dalla nascita, all'elite del loro gruppo. Il secondo fattore che determina il potenziale di una persona stupida deriva dalla posizione di potere e di autorità che occupa nella società. Tra burocrati, generali, politici, capi di stato e uomini di Chiesa, si ritrova l'aurea percentuale o di individui fondamentalmente stupidi la cui capacità di danneggiare il prossimo fu (o è) pericolosamente accresciuta dalla posizione di potere che occuparono (od occupano).
La domanda che spesso si pongono le persone ragionevoli è in che modo e come mai persone stupide riescano a raggiungere posizioni di potere e di autorità. Classe e casta (sia laica che ecclesiastica) furono gli istituti sociali che permisero un flusso costante di persone stupide in posizioni di potere nella maggior parte delle società preindustriali. Nel mondo industriale moderno, classe e casta vanno perdendo sempre più di rilievo. Ma, al posto di classe e casta, ci sono partiti politici, burocrazia e democrazia. All'interno di un sistema democratico, le elezioni generali sono uno strumento di grande efficacia per assicurare il mantenimento stabile della frazione o fra i potenti. Va ricordato che, in base alla Seconda Legge, la frazione o di persone che votano sono stupide e le elezioni offrono loro una magnifica occasione per danneggiare tutti gli altri, senza ottenere alcun guadagno dalla loro azione. Esse realizzano questo obiettivo, contribuendo al mantenimento del livello o di stupidi tra le persone al potere.
Capitolo settimo - Il potere della stupidità
Non è difficile comprendere come il potere politico o economico o burocratico accresca il potenziale nocivo di una persona stupida. Ma dobbiamo ancora spiegare e capire cosa essenzialmente rende pericolosa una persona stupida: in altre parole in cosa consiste il potere della stupidità.
Essenzialmente gli stupidi sono pericolosi e funesti perché le persone ragionevoli trovano difficile immaginare e capire un comportamento stupido. Una persona intelligente può capire la logica di un bandito. Le azioni del bandito seguono un modello di razionalità: razionalità perversa, se sì vuole, ma sempre razionalità. Il bandito vuole un "più" sul suo conto. Dato che non è abbastanza intelligente per escogitare metodi con cui ottenere un "più" per sé procurando allo stesso tempo un "più" anche ad altri, egli otterrà il suo "più" causando un "meno" al suo prossimo. Tutto ciò non è giusto, ma è razionale e se si è razionali lo si può prevedere. Si possono insomma prevedere le azioni di un bandito, le sue sporche manovre e le sue deplorevoli aspirazioni e spesso si possono approntare le difese opportune. Con una persona stupida tutto ciò è assolutamente impossibile. Come è implicito nella Terza Legge Fondamentale, una creatura stupida vi perseguiterà senza ragione, senza un piano preciso, nei tempi e nei luoghi più improbabili e più impensabili. Non vi è alcun modo razionale per prevedere se, quando, come e perché, una creatura stupida porterà avanti il suo attacco. Di fronte ad un individuo stupido, si è completamente alla sua mercè.
Poiché le azioni di una persona stupida non sono conformi alle regole della razionalità, ne consegue che:
a) generalmente si viene colti di sorpresa dall'attacco;
b) anche quando si acquista consapevolezza dell'attacco, non si riesce ad organizzare una difesa razionale, perché l'attacco, in se stesso, è sprovvisto di una qualsiasi struttura razionale.
II fatto che l'attività ed i movimenti di una creatura stupida siano assolutamente erratici ed irrazionali, non solo rende la difesa problematica, ma rende anche estremamente difficile qualunque contrattacco -come cercare di sparare ad un oggetto capace dei più improbabili ed inimmaginabili movimenti. Questo è ciò che Dickens e Schiller avevano in mente quando l'uno affermò che "con la stupidità e la buona digestione l'uomo può affrontare molte cose" e l'altro che "contro la stupidità gli stessi Dei combattono invano".
Occorre tener conto anche di un'altra circostanza. La persona intelligente sa di essere intelligente. Il bandito è cosciente di essere un bandito. Lo sprovveduto è penosamente pervaso dal senso della propria sprovvedutezza. Al contrario di tutti questi personaggi, lo stupido non sa di essere stupido. Ciò contribuisce potentemente a dare maggior forza, incidenza ed efficacia alla sua azione devastatrice. Lo stupido non è inibito da quel sentimento che gli anglosassoni chiamano self-consciousness. Col sorriso sulle labbra, come se compisse la cosa più naturale del mondo lo stupido comparirà improvvisamente a scatafasciare i tuoi piani, distruggere la tua pace, complicarti la vita ed il lavoro, farti perdere denaro, tempo, buonumore, appetito, produttività -e tutto questo senza malizia, senza rimorso, e senza ragione. Stupidamente.
Capitolo ottavo - La Quarta Legge Fondamentale
Non c'è da stupirsi se le persone sprovvedute, cioè quelle che nel nostro sistema cadono nell'area H, di norma non riconoscono la pericolosità delle persone stupide. Il fatto non rappresenta altro che un'altra manifestazione della loro sprovvedutezza. Ciò che è veramente sorprendente è che anche le persone intelligenti ed i banditi spesso non riescono a riconoscere il potere devastante e distruttore della stupidità. E estremamente difficile spiegare perché ciò accada. Si può solo ipotizzare che spesso gli intelligenti come i banditi, quando abbordati da individui stupidi, fanno l'errore di abbandonarsi a sentimenti dì auto-compiacenza e disprezzo invece di secernere immediatamente superiori quantità di adrenalina e preparare le difese. Si è generalmente anche portati a credere che una persona stupida faccia male solo a se stessa, ma ciò vuol dire confondere la stupidità con la sprovvedutezza. Talvolta si è anche tentati di associarsi con un individuo stupido con l'obiettivo di usarlo per le proprie mire.
Tale manovra non può che avere effetti disastrosi perché:
a) è basata sulla completa incomprensione della natura essenziale della stupidità; e
b) dà alla persona stupida spazio ulteriore per l'esercizio dei suoi talenti.
Uno può illudersi di manipolare una persona stupida e, sino ad un certo punto, può anche riuscirci. Ma a causa dell'erratico comportamento dello stupido, non si possono prevedere tutte le azioni e reazioni dello stesso ed in breve si verrà stroncati e polverizzati dalle sue imprevedibili azioni.
Tutto ciò è chiaramente sintetizzato nella Quarta Legge Fondamentale che afferma che:
Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.
Nei secoli dei secoli, nella vita pubblica e privata, innumerevoli persone non hanno tenuto conto della Quarta Legge Fondamentale e ciò ha causato incalcolabili perdite all'umanità.
Capitolo nono - Macroanalisi e la Quinta Legge Fondamentale
Le considerazioni finali del capitolo precedente conducono ad un'analisi di tipo "macro", nella quale, invece del benessere individuale, si considera il benessere della società, definito, in questo contesto, come la somma algebrica delle condizioni di benessere individuale. Una completa comprensione della Quinta Legge Fondamentale è essenziale per questa analisi. Bisogna, peraltro, aggiungere che delle 5 leggi fondamentali, la Quinta è certamente la più conosciuta ed il suo corollario è citato molto frequentemente. Essa afferma che:
La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Il corollario della legge è che:
Lo stupido è più pericoloso del bandito.
La formulazione della legge e del suo corollario è ancora del tipo "micro". Come sopra indicato, tuttavia, la legge ed il suo corollario hanno profonde implicazioni di natura "macro". Il punto essenziale da tener presente è questo: il risultato dell'azione di un perfetto bandito (la persona che cade sulla linea OM della fig. 2) rappresenta puramente e semplicemente un trasferimento di ricchezza e/o di benessere. Dopo l'azione di un perfetto bandito, questi avrà un "più" sul suo conto, "più" che equivarrà esattamente al "meno" che egli ha causato ad un'altra persona. Per la società nel suo insieme la situazione non è migliorata né peggiorata. Se tutti i membri di una società fossero dei banditi perfetti, la società rimarrebbe in condizioni stagnanti, ma non ci sarebbero grandi disastri. Tutto si limiterebbe a massicci trasferimenti di ricchezza e benessere in favore di quelli che compiono l'azione. Se tutti i membri della società dovessero compiere l'azione a turni regolari, non solo l'intera società, ma anche i singoli individui, si troverebbero in uno stato di perfetta stabilità.
Ma quando gli stupidi si mettono all'opera, la musica cambia completamente. Le persone stupide causano perdite ad altre persone senza realizzare dei vantaggi per se stessi. Ne consegue che la società intera si impoverisce.
Il sistema di computo espresso nei grafici base mostra che, mentre tutte le azioni di individui che cadono alla destra della linea POM (vedi fig. 3) incrementano il benessere di una società, sia pure in gradi diversi, le azioni di tutte le persone che cadono alla sinistra della stessa linea POM impoveriscono la società. Fig. 3

In altre parole, gli sprovveduti dotati di elementi di intelligenza più elevati rispetto alla media della loro categoria (area HI), come pure i banditi con doti di intelligenza (area BI) e soprattutto gli intelligenti (area I) contribuiscono tutti, anche se in misura diversa, ad accrescere il benessere della società. D'altro canto i banditi con doti di stupidità (area Bs) e gli sprovveduti con elementi di stupidità (area Hs) non fanno altro che aggiungere perdite a quelle già causate dalle persone stupide, aumentando così il nefasto potere distruttivo di quest'ultime. Tutto ciò suggerisce alcune riflessioni sulla performance delle società. Secondo la Seconda Legge Fondamentale, la frazione di gente stupida è una costante o, che non è influenzata da tempo, spazio, razza, classe o qualsiasi altra variabile storica o socio-culturale. Sarebbe un grave errore credere che il numero degli stupidi sia più elevato in una società in declino piuttosto che in una società in ascesa.
Entrambe sono afflitte dalla stessa percentuale di stupidi. La differenza fra le due società consiste nel fatto che nella società in declino:
a) ai membri stupidi della società è concesso dagli altri membri di diventare più attivi;
b) c'è un cambiamento nella composizione della popolazione dei non stupidi, con un aumento relativo delle popolazioni delle aree Hs e Bs.
Questa ipotesi teorica è abbondantemente confermata da un'esauriente analisi di casi storici. In effetti l'analisi storica ci permette di riformulare le conclusioni teoriche in modo più concreto e con dettagli più realistici.
Che si consideri l'età classica, medievale, moderna o contemporanea, si rimane colpiti dal fatto che ogni paese in ascesa ha la sua inevitabile percentuale o di persone stupide. Tuttavia un paese in ascesa ha anche una percentuale insolitamente alta di individui intelligenti che cercano di tenere la frazione o sotto controllo, e che, nello stesso tempo, producono guadagni per se stessi e per gli altri membri della comunità sufficienti a rendere il progresso una certezza. In un paese in declino, la percentuale di individui stupidi è sempre uguale a o ; tuttavia, nella restante popolazione, si nota, specialmente tra gli individui al potere, un'allarmante proliferazione di banditi con un'alta percentuale di stupidità (sub-area Bs del quadrante B nella fig. 3) e, fra quelli non al potere, una ugualmente allarmante crescita del numero degli sprovveduti (area H nel grafico base, fig. 1). Tale cambiamento nella composizione della popolazione dei non stupidi, rafforza
inevitabilmente il potere distruttivo della frazione o degli stupidi e porta il Paese alla rovina.